La difficile congiuntura economica ha messo in difficoltà molte famiglie, le quali non riuscendo ad onorare il mutuo si trovano a far fronte al pignoramento della propria abitazione. Esaminiamo brevemente come si svolge la procedura esecutiva e quali facoltà e/o diritti spettano al debitore in casi simili.
Contratto di mutuo ed ipoteca volontaria. Il mutuo (art. 1813 c.c.) è il contratto con cui una parte – solitamente un istituto di credito – consegna una determinata quantità di denaro all’altra, che si obbliga a restituirla, maggiorata di interessi e secondo un piano di rimborso prestabilito (cosiddetto piano di ammortamento).
Il mutuo bancario concluso per l’acquisto dell’abitazione è un mutuo fondiario, disciplinato dagli artt. 38 e ss. del T.U. bancario (d. lgs. 385/1993).
Il credito fondiario ha ad oggetto la concessione da parte di banche di finanziamenti a medio o lungo termine garantiti da un’ipoteca di primo grado sull’immobile.
In buona sostanza, all’atto di sottoscrizione del contratto di mutuo, il mutuatario costituisce un’ipoteca volontaria sulla propria casa; di talché il mutuante sia garantito in caso di inadempimento.
In particolare, nel mutuo fondiario, il finanziamento copre sino all’80% del valore peritale dell’immobile da ipotecare.
Sospensione del contratto di mutuo e rinegoziazione. Qualora il mutuatario si trovi in difficoltà economiche e non riesca ad onorare il mutuo, è legittimato a domandare la cosiddetta “moratoria”, sempre che abbia i requisiti richiesti. Si tratta di una sospensione del pagamento delle rate per una durata non superiore a 12 mesi.
In pratica, il mutuatario può “congelare” temporaneamente la corresponsione delle rate, allorché dimostri di versare in difficoltà economiche.
In particolare, è applicabile allorché il debitore abbia perso il posto di lavoro; in caso di morte; nell’ipotesi di handicap grave che comporti una situazione di non autosufficienza. Al fine di ottenere la sospensione è necessario presentare un’istanza in tal senso alla propria banca.
In caso di accoglimento, si verifica una proroga del contratto di mutuo e delle garanzie ad esso connesse per un periodo pari alla sospensione.
Nell’ipotesi in cui non si possa accedere alla moratoria di cui sopra, un’altra possibilità per il mutuatario consiste nel chiedere la rinegoziazione.
In buona sostanza, si tratta di modificare le originarie condizioni del contratto, quindi, nella maggioranza dei casi, si traduce nella diminuzione della rata mensile e nell’allungamento del piano di ammortamento.
Rate inevase, giro a sofferenza e risoluzione del contratto di mutuo. Non sempre la moratoria di un anno risolve le difficoltà economiche; così come la rinegoziazione può non essere risolutiva.
Se il mutuo risulta ugualmente gravoso e non si riesce ad onorarlo cosa accade?
L’art. 40 T.U. bancario dispone la risoluzione del contratto quando il ritardo di pagamento si sia verificato almeno sette volte.
In questi casi, si verifica l’incaglio bancario e dopo alcuni mesi, qualora la situazione non sia migliorata, la banca comunica al debitore l’estinzione del mutuo con giro a sofferenza.
A questo punto, l’istituto di credito segnala alla Centrale Rischi della Banca d’Italia la situazione di grave crisi economica del cliente, in quanto insolvente.
La conseguenza della segnalazione consiste nel fatto che tutte le banche saranno edotte della crisi del soggetto segnalato e non gli erogheranno credito.
Atto di precetto e pignoramento.Il mancato pagamento delle rate, qualora integri un grave inadempimento (art. 1455 c.c.), comporta la risoluzione del contratto di mutuo. Il creditore, nel caso in esame, possiede già il titolo esecutivo (art. 474 n. 2 c.p.c.), rappresentato dal mutuo.
Pertanto, gli sarà sufficiente notificare al debitore il solo atto di precetto, senza necessità della trascrizione integrale del titolo (art. 41 T.U. bancario).
Il precetto consiste nell’intimazione ad adempiere l’obbligazione risultante dal contratto di mutuo (ossia l’intimazione a corrispondere le rate arretrate del mutuo) entro dieci giorni, decorsi i quali si agirà esecutivamente.
Dal 2015 l’atto di precetto deve contenere l’avvertimento che il debitore può porre rimedio alla situazione di indebitamento ricorrendo ad un organismo di composizione della crisi.
Piano del consumatore e accordo di composizione della crisi. Il piano del consumatore e l’accordo di composizione della crisi sono stati introdotti dalla cosiddetta legge “salva suicidi” (legge 3/2012). Si tratta di due procedimenti a cui può ricorrere il debitore che si trovi in grave difficoltà.
In buona sostanza, è necessario che la situazione da sovraindebitamento, consistente nello squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile (presupposto oggettivo), non sia assoggettabile alle procedure concorsuali (presupposto soggettivo), inoltre devono essere rispettati i presupposti di ammissibilità (art. 7 c. 2 legge 3/2012)
Il piano del consumatore è attuabile dal debitore che ricopra tale qualità; ossia da colui il quale abbia assunto obbligazioni per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale (art. 6 c. 2 lett. b, legge 3/2012).
In caso contrario, si deve proporre un accordo di composizione della crisi (e non un piano del consumatore).
In ambedue le ipotesi, fatte salve alcune significative differenze – su cui non ci si può soffermare per ragioni di brevità espositiva – vengono proposti degli accordi di ristrutturazione dei debiti, che comprendono anche gli eventuali mutui. In particolare, i crediti assistiti da ipoteca (come il mutuo) posso rientrare nel piano.
Inoltre,è possibile non soddisfare integralmente i suddetti crediti, ma ad una sola condizione: deve essere garantito il pagamento in misura non inferiore a quello realizzabile in relazione al valore di mercato attribuibile ai beni (art. 7 c. 1 legge 3/2012).
La proposizione del piano del consumatore o dell’accordo di composizione della crisipuò comportare la sospensione delle procedure esecutive pendenti qualora la loro prosecuzione comprometta la fattibilità del piano (art. 12 bis c. 2 legge 3/2012).
In altre parole, la proposta di accordo può determinare la momentanea sospensione del procedimento esecutivo.
Preme ricordare che i meccanismi in parola sono utilizzabili anche nel caso di un solo debito (Trib. Busto Arsizio 15 settembre 2014).
Per fare un esempio concreto: un giudice campano, a fronte di un mutuo di 200 mila euro ha ridotto la cifra mutuata a 125 mila euro (Trib. Napoli decreto 2840/2015).
Ricerca di un accordo transattivo. Nel caso in cui non siano percorribili le strade indicate, è buona regola cercare un accordo transattivo con il creditore. Trattandosi di istituti di credito, occorre agire tempestivamente, in quanto le banche spesso hanno tempistiche piuttosto lunghe per valutare se accettare o rigettare le proposte avanzate.
Istanza di conversione del pignoramento. La legge consente al debitore esecutato di proporre l’istanza di conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.) prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione.
In buona sostanza, il debitore può sostituire al bene pignorato una somma di denaro corrispondente all’importo dovuto maggiorato dalle spese di esecuzione e dagli interessi. Al momento di proposizione dell’istanza deve essere deposito 1/5 della somma suindicata.
Il giudice può disporre una rateizzazione per il residuo entro il termine massimo di 18 mesi.Il termine ultimo per richiedere la conversione del pignoramento è l’udienza in cui viene emessa l’ordinanza di vendita.
Istanza e udienza di vendita: l’incanto.Se non si raggiunge un accordo transattivo o non è possibile convertire il pignoramento o non vi sono i requisiti per accedere al meccanismo di composizione della crisi da sovraindebitamento, la procedura esecutiva prosegue il proprio corso.
Dopo la notifica del pignoramento, il creditore provvederà all’iscrizione a ruolo ed al deposito della documentazione necessaria. Più l’iter prosegue più aumentano le spese che verranno poste a carico del debitore.
Ad esempio, raggiungere un accordo prima della nomina e del giuramento del perito comporta un risparmio significativo, atteso che il compenso di quest’ultimo può giungere sino al 3% del valore dell’immobile pignorato.
Lo stesso dicasi per le spese di pubblicità che aumentano per ogni udienza di vendita fissata. Senza contare gli onorari dei legali e la remunerazione del custode (qualora il debitore non sia stato autorizzato a continuare a vivere nell’abitazione).
La procedura può essere “fermata” solo sino a 20 giorni prima della vendita: dopo l’immobile verrà venduto.
Conclusioni. La legge mette a disposizione del soggetto che si trovi in difficoltà con il pagamento del mutuo alcune possibilità.
Può chiedere la moratoria di un anno, ossia la sospensione per 12 mesi dalla corresponsione delle rate, qualora dimostri lo stato di grave difficoltà economica.
Inoltre, è ammessa la facoltà di rinegoziare i termini del contratto, ad esempio diminuendo l’ammontare della rata e allungando il mutuo.
Qualora la situazione si inadempimento sia talmente grave da aver portato alla dichiarazione di sofferenza bancaria, è opportuno cercare un accordo transattivo (cosiddetto saldo e stralcio), prima che la banca proceda esecutivamente.
Infine, se l’esposizione debitoria è troppo significativa, il debitore può proporre un accordo di composizione della crisi, anche per i crediti assistiti da garanzia ipotecaria ed anche nel caso in cui il debito sia uno solo (come il mutuo).
FONTE IDEALISTA