Con la brutta stagione arrivano anche i tanto odiati fenomeni da infiltrazione, in particolar modo negli stabili più vecchi. Scatta quindi, da chi ha subito i danni, la ricerca del responsabile. In questi casi occorre però fare molta attenzione a chi si rivolge la propria richiesta di risarcimento perché può accadere, come nel caso che analizzeremo, che sia intervenuta la prescrizione non potendo più ottenere alcun risarcimento. La sentenza di riferimento è la numero 3682 pronunciata dalla Cassazione il 9 febbraio 2024.
Il caso
La vicenda coinvolge il proprietario dell’immobile sovrastante a quello che ha subito i danni da infiltrazioni nonché il titolare della ditta che ha eseguito i lavori di rifacimento del tetto e dei cornicioni. I ricorrenti li citano in giudizio chiedendo al giudice che li condanni entrambi al risarcimento dei danni subiti.
Tralasciando gli sviluppi della vicenda quello che è utile evidenziare è la motivazione con la quale il titolare della ditta si è difeso: egli sostiene che il contratto stipulato è da qualificarsi come contratto d’opera e non come appalto e pertanto ha sollevato l’eccezione di prescrizione annuale, eccezione che gli ha permesso di vincere la causa. Prima di andare oltre però capiamo brevemente cosa si intende per contratto d’opera, contratto d’appalto e prescrizione.
Distinzione tra contratto d’opera e contratto d’appalto
La realizzazione di un’opera può essere fatta sia attraverso il contratto d’appalto, previsto dall’articolo 1655 del Codice civile, sia con il contratto d’opera, disciplinato invece dall’articolo 2222.
La principale differenza tra i due contratti è la tipologia di soggetto che deve realizzare l’opera. Se l’attività è realizzata prevalentemente con il proprio lavoro si parlerà di contratto d’opera, al contrario se invece si tratta di un’opera realizzata da un’impresa che utilizza per la maggior parte mezzi e altri lavoratori (oltre a sé stesso) si parlerà di contratto d’appalto. Solitamente l’appalto, alla luce della predetta differenza, è svolto da una società, mentre il contratto d’opera è tipico del piccolo imprenditore (ditta individuale).
Cos’è la prescrizione?
La legge non consente che ci siano situazioni di incertezza e pertanto prevede un limite massimo di tempo affinché il titolare di un diritto lo possa esercitare. In altre parole trascorso un certo lasso di tempo senza che quel diritto sia stato utilizzato, l’ordinamento giuridico ricollega a questo comportamento la perdita del diritto stesso. Quanto detto è espressamente previsto nel Codice civile all’articolo 2934 e prevede, in base al diritto da azionare, diversi termini di prescrizione.
Collegandosi al caso analizzato la prescrizione nel contratto d’opera, prevista dall’articolo 2226 del Codice civile, è di un anno dalla consegna dell’opera, mentre per il contratto d’appalto, ai sensi dell’articolo 1667 del Codice civile, l’azione si prescrive in due anni.
La decisione della Cassazione
Alla luce delle precisazioni fatte sarà facile capire il perché la Suprema Corte ha respinto il ricorso del danneggiato dando ragione alla corte di appello che aveva ritenuto prescritto il diritto al risarcimento nei confronti della ditta che ha eseguito l’opera, sul presupposto che il contratto era da identificare nel contratto d’opera.
Difatti, i lavori realizzati dall’impresa sono stati di “modesta entità”, il che è compatibile con la natura di piccolo imprenditore della ditta che li ha eseguiti viste le dimensioni della ditta e vista anche la mancanza di dipendenti.
Per tale motivo, essendosi attivato il danneggiato oltre l’anno previsto dal summenzionato articolo 2226 del codice, l’azione nei confronti della ditta deve ritenersi prescritta.
fonte:immobiliare.it